Nella festa di S. Anna con il Patriarca di Baghdad (IRAQ), Mons. Louis Raphael SAKO, celebriamo la MEMORIA viva dei MARTIRI in Medio Oriente oggi

X Lettera pastorale in onore di S. Anna, Gran Madre delle Messi, Protettrice e Compatrona di JELSI-CB

I Caldei furono popolo semita abitante la parte meridionale della Mesopotamia, la cui esistenza è attestata fin da testi assiri del IX secolo a. C. Abramo, patriarca o capo del popolo biblico (padre delle tre religioni monoteistiche) partì proprio da Ur dei Caldei. Il primate della chiesa cattolica caldea oggi è il Patriarca di Babilonia dei Caldei (Patriarchatus Babylonensis Chaldaeorum) Mons. Louis Raphael SAKO. La comunità jelsese lieta di accoglierlo e di premiarlo prega il Signore per l’intercessione di S. Anna, figlia del sacerdote betlemita Mathan, poiché ottenga la fortezza cristiana alla provata chiesa d’Iraq e implora nel sangue dei Martiri d’Oriente il dono della pace e della fortezza cristiana, nella pazienza del dialogo e con l’aiuto della solidarietà internazionale. Nonostante la violenza e il male provocato la nostra fede ci porta a credere che l’uomo sia migliore di quello che sembrerebbe essere. Preghiamo insieme perché il Signore della vita apra i cuori e converta le menti di vittime e carnefici affinchè la violenza non ne generi dell’altra. Anche tu come tanti hai sentito parlare, specie dalla scorsa estate, di ciò che stanno vivendo i cristiani in Medio Oriente da quando l’Isis (lo Stato islamico d’Iraq e Siria) rafforzando la sua avanzata ha cominciato a perseguitare quelli che la pensavano diversamente. I cristiani in Iraq negli anni ’80 erano 1,4 milioni a fine 2014 meno di 400 mila, in Siria negli anni ’60 erano 1,2 milioni a fine 2014 neanche 500 mila. Se gli Stati Uniti hanno faticato a elaborare una linea d’azione per fronteggiare il dilagare della crudele follia jihadista, una delle tragedie del Medio Oriente è che le monarchie del Golfo hanno favorito all’esterno le tendenze islamiche fondamentaliste e oggi devono fronteggiare una pluralità di focolai di crisi. Mai come oggi l’islam è diviso al proprio interno, non solo polarizzato fra sciiti e sunniti, ma con lo stesso islam sunnita lacerato fra correnti secolari: l’islam politico dei Fratelli Musulmani e la crescita del dogmatismo salafita (legato al wahhabismo e alla scuola giuridica hanbalita). Inoltre le proteste della primavera araba hanno creato ulteriore spazio di manovra per i Paesi GCC (Consiglio di Cooperazione del Golfo, ossia tutte le monarchie che si affacciano sul Golfo Persico) che sono intervenuti in modo confuso, quando non apertamente conflittuale per contrastare il ruolo geopolitico dell’Iran persiano e sciita. In questo scenario resta arduo immaginare come vincere ossessioni settarie e politiche beneficiando di un’eccessiva condiscendenza occidentale. E tanto meno ci si può illudere di essere al riparo dai contraccolpi che la crisi di sicurezza nel Levante irraggia su tutti. Il clima intollerante è divenuto sempre più drammatico a partire dalla N (nazareno) con cui hanno identificato le case dei seguaci di Gesù, il Nazareno. “La N usata per marcare i cristiani da perseguitare non è diversa dalla stella di Davide imposta agli ebrei dai nazisti” (Ronald Lauder). Segno terribile che ha aperto la via a saccheggi, violenze, barbarie. Oggi sono centinaia di migliaia le persone perseguitate a causa della fede dall’offensiva del cosiddetto Stato islamico. Contro questa pratica, disumana e razzista, a Mosul parte della popolazione ha reagito, come Alì che ha deciso di scrivere sul muro della sua casa la N per affermare: “Siamo tutti cristiani”. Gesto coraggioso che ha avviato la campagna “Io sono iracheno, io sono cristiano” sui social network, sia Twitter, sia Facebook, cui hanno risposto centinaia di giovani iracheni. Significativo è l’impegno dell’associazione di volontariato “Iraqi builders” che raggruppando tanti giovani a Baghdad ha aderito alla suddetta campagna realizzando centinaia di tazze dipinte a mano con lo slogan “Siamo tutti cristiani”, distribuite nei mercati, nei ristoranti e nei club privati della città, lanciando così un messaggio di coesistenza e di pace. Addirittura Gaith Gaffney, ventenne mussulmano sciita e studente dell’università di Baghdad, si è scattato anche un selfie con il crocifisso al collo e dice a tutti: “Non dobbiamo avere paura. Siamo un grande popolo, dobbiamo restare uniti e lanciare un segnale a chi vuole dividerci e seminare il terrore”. Anch’io con l’informazione, il confronto attento e valutazione posso, come Gaffney, contribuire a che il segno della vergogna diventi il segno vivo della speranza. Oggi più che mai i Martiri cristiani dei nostri giorni ci provocano a domandarci se vi sia qualcosa o meglio Qualcuno per cui saremmo disposti a dare la vita. Domanda di senso, di profondità di vita, di fede che apre al dono di se stessi. Papa Francesco, dopo la visita in Albania e altre comunità islamiche, visitando la Turchia il 28 novembre 2014 ha lanciato un forte appello al fine di “bandire ogni forma di terrorismo e di fondamentalismo”. Occorre, oggi più che mai, con urgenza ha sottolineato il pontefice “contrapporre al fanatismo il dialogo e la solidarietà di tutti i credenti”. Di fronte alle tragiche notizie di questo nuovo genocidio (con decapitazioni, vendita di donne al mercato, arruolamento di bambini, distruzione dei luoghi di culto) che continuano a pervenire tramite i nunzi apostolici nel Medio Oriente, i rappresentanti pontifici e i capi dei dicasteri della Curia romana, hanno chiesto alla comunità internazionale e ai singoli Stati, di cui i profughi sono cittadini, di sostenere e garantire il diritto dei profughi di fare ritorno e di vivere in dignità e sicurezza nel proprio Paese. “Nel mondo ci sono ancora grandi sofferenze, prima è stato il vostro turno, adesso è il nostro” ha detto papa Francesco al Presidente del World Jewish Congress, R. Lauder, il 17 settembre scorso, invitando a pregare insieme per la pace nel mondo. “Prima gli ebrei hanno sofferto selvaggi attacchi e il mondo è rimasto in silenzio. Ora sono i cristiani che vengono annientati e di nuovo il mondo dice poco. Perché non si reagisce?” (dal sito www.tempi.it). E la comunità internazionale come può intervenire? La situazione è complessa, alla base dello sradicamento forzato di milioni di persone nel Medio Oriente c’è una conflittualità violenta che coinvolge mercenari, gruppi non statali, potenze regionali e globali. Come favorire la libertà di pensiero e in essa il diritto all’istruzione per emanciparsi e non essere schiavi di un sistema totalitario? Come intervenire sul traffico illegale di petrolio e la fornitura di armi e tecnologia? Come distogliere dalla lotta armata? E’ lecito l’uso della forza per fermare l’Isis? Il papa ai giornalisti dice: “Sottolineo il verbo fermare. Non dico bombardare”. Di certo non si può affidare la risoluzione del problema alla sola risposta militare. Bisogna conoscere le cause dall’origine e come vengano sfruttate dall’ideologia fondamentalista. La violenza distrugge, la via della pace porta alla speranza e al progresso. I leader religiosi (ebrei, cristiani, musulmani) debbono svolgere un ruolo fondamentale per favorire il dialogo tra religioni e culture; devono educare alla reciproca comprensione e denunciare chiaramente la strumentalizzazione della religione per giustificare la violenza. I moderati islamici e i loro leader devono sconfessare la pretesa del presunto califfato dell’Isis (forte dei proventi petroliferi) e condannare più apertamente le pratiche indegne degli estremisti. “Uccidere in nome di Dio è un grande sacrilegio! Discriminare in nome di Dio è inumano” (papa Francesco in Albania). Come “risvegliare l’uomo contemporaneo dal torpore ed essere più uniti di fronte all’attuale ecumenismo di sangue? Il sangue dei martiri non chiede vendetta ma interroga tutti e rende sensibili al superamento di pregiudizi e al cammino comune” (Istanbul, papa Francesco il 29/11/14 a Bartolomeo I, patriarca di Costantinopoli). La distruzione di città, l’uccisione di civili innocenti, di donne e di bambini, di giovani reclutati o forzati a combattere, la separazione di famiglie ci richiamano all’obbligo morale, per tutti, di dire basta e cominciare un cammino in cui tutti partecipino con uguali diritti e doveri come cittadini impegnati nel costruire il bene comune, nel rispetto delle differenze e dei singoli talenti. E io cosa posso fare? Anch’io nel mio piccolo, curando la preghiera, il confrontarmi, il documentarmi con più fonti posso contribuire ad incoraggiare una presenza significativa per il bene sociale. Anch’io posso sostenere i cristiani perseguitati nei loro bisogni più immediati (cibo, acqua, coperte ecc.) e un luogo che ospiti chi è stato costretto a fuggire (visita il sito www.avsi.org/cosa-fare-peravsi/donazioni. Seleziona la voce “Emergenza profughi in Iraq”).  Non posso dimenticare, non voglio e non devo rassegnarmi.

Ø  Visita www.unhcr.it e www.osservatoriocristianofobia.it Segui la campagna dell’AVSI - Associazione Volontari per il Servizio Internazionale - su Twitter e Facebook con l’hashtag#AVSI4Iraq

 

Preghiamo il Signore, per l’intercessione della Compatrona S. Anna, (il cui nome in ebraico significa “grazia o la beneficata”, vissuta a Gerusalemme con Gioacchino nel I secolo a. C.), che si trovi una vera soluzione politica alla crisi che minaccia la stabilità dell’intero Medio Oriente e del Mediterraneo con risposte concrete a un’emergenza umanitaria senza precedenti: intere comunità fuggite dalle proprie case e accolte in campi profughi o in strutture di accoglienza di fortuna, messe a disposizione dalla Chiesa e dal governo autonomo del Kurdistan. La solidarietà, oltre che un dovere umanitario, rappresenta pure una sfida all’Isis: permettere che i cristiani e le altre minoranze (yazidi e turcomanni) possano restare in Iraq e Siria significa difendere l’idea di persona e di civiltà che la barbarie del nuovo Califfato vuole sfigurare. Supplichiamo con fiducia il Signore, Re dei Martiri, per il dono della pace, della speranza ai cuori spezzati, della forza alle tante famiglie provate.

Infine mi piace ricordare il rinnovo del protocollo d’intesa per la scuola del grano e dei carri in onore di S. Anna stipulato tra la scuola jelsese e il Comitato Festa S. Anna con la partecipazione della Parrocchia, con la preziosità dell’Associazione “Carri in Cantiere”, degli artisti e artigiani locali, dei comitati e delle famiglie. “Dante Alighieri – La Divina Commedia” è il tema della scuola del carro 2015, nell’anno del 750° anniversario della nascita del “Padre della lingua italiana”. Egli nel XXXIII Canto del Paradiso della Divina Commedia scrive di S. Anna: “Di contro a Pietro vidi seder Anna / tanto contenta di mirar sua figlia / che non muove occhi per cantare osanna”.

Jelsi (CB), 26 luglio 2015                                                                                  Don Peppino Cardegna

 

CON GLI AUGURI DELL’ARCIVESCOVO DI CB-BOJANO P. GIANCARLO BREGANTINI:

Grazie dal cuore e dalla mente aperte di JELSI verso i cristiani del Medio Oriente, rappresentati dalla visita così importante di Mons. Louis Raphael SAKO, ospite atteso. Ne siamo onorati. GRAZIE di tutto. Tenete sempre aperto il cuore a Dio e ai fratelli.

                                                                                              + P. GianCarlo, Vescovo