La “nuova” Casa
d’Italia ha aperto le porte dopo i lavori di
ampliamento dovuti alla necessità di
adeguare al ventunesimo secolo questo
pregevole edificio storico, e
“casa-focolare” della nostra identità di
italo-quebecchesi sopravvissuti a tante
prove. Che Montréal sia una città veramente
speciale non è certo da dimostrare. Il fatto
poi che, tra gli espatriati italiani del
Canada, quelli del Québec siano i “più
italiani” è dovuto, a mio avviso, ad una
speciale alchimia, di cui la dualità
culturale e linguistica anglo-francese della
Provincia è il reagente. Tale dualità, causa
nel passato anche di tensioni, ha impedito
una nostra adesione acritica allo
schiacciante modello identitario
nordamericano. Che sia speciale la nostra
identità di trapiantati è dimostrato dalla
stessa comunità jelsese, gruppo assai
compatto di persone provenienti da Jelsi:
minuscola cittadina molisana che in Italia
non molti conoscono ma che qui da noi ha
assunto un profilo di prima grandezza. Se
menziono Jelsi è perché Gaby Mancini,
presidente, e Pasquale Iacobacci, direttore
generale, hanno voluto dare inizio alle
attività della Casa d’Italia aprendo le
porte proprio alle “traglie”: i carri della
sfilata della Festa del Grano di Jelsi (vedi
foto di F. Intravaia), e di ringraziamento a
Sant’Anna, che si rinnova a Montréal, ogni
anno. E la Sagra del Grano di Montréal-Jelsi
è un simbolo della sintesi tra il passato
dell’emigrato, con i valori del mondo
contadino, e l’avvenuta integrazione nella
realtà nordamericana. L’esempio di Jelsi, e
del sorprendente spirito d’iniziativa della
sua minuscola diaspora presente nelle due
Americhe, mostra che il rispetto e l’amore
per il passato sono lungi dall’essere un
impedimento al successo nella nuova terra;
altrimenti detto: l’adeguamento ai nuovi
stili di vita, alle nuove regole, ai nuovi
valori di efficienza e praticità non sono
impediti da un’intima fedeltà al passato.
L’ex ministro quebecchese John Ciaccia è un
esempio magnifico di questa straordinaria
sintesi di mondi e di culture. Così come lo
sono i fratelli Panzera. Fra questi, è
doveroso rivolgere un ringraziamento
particolare a Joe e a Gennaro, sempre in
prima linea per generosità, sensibilità e
spirito organizzativo. Gaby Mancini e
Pasquale Iacobacci vogliono che la Casa
d’Italia sia il luogo della nostra memoria.
Luogo quindi insostituibile per la nostra
identità particolare di cittadini del Québec
originari della Penisola, e punto di
riferimento essenziale anche per il Québec e
per il Canada di cui noi siamo una
componente non trascurabile. Un’importante
funzione della Casa sarà quindi di dare alla
nostra realtà in evoluzione le certezze
della nostra piccola-grande storia; lo si
potrà fare attraverso le testimonianze di
vita di coloro che sono venuti prima e che
hanno gettato le basi dell’identità della
nostra collettività. Certezze, queste, da
trasmettere ai nostri figli, e dati preziosi
per future ricerche di studiosi.
Pasquale Iacobacci,
idealista e pragmatico - persona giusta al
posto giusto, quindi - vuole che la Casa
d’Italia svolga appunto il ruolo di scrigno
delle memorie, le quali altrimenti
finirebbero disperse. Le tappe della nostra
partenza dall’Italia, l’arrivo, certi
avvenimenti molto particolari legati alla
nostra condizione di immigrati rischiano di
sparire per sempre se noi oggi non creiamo
una vetrina-forziere con prove e documenti
di ciò che è stato. Iacobacci rivolge quindi
un invito a portargli testimonianze -
lettere, documenti, scritti vari ed oggetti
- dei nostri inizi in questa magnifica terra
francese d’America.