Da IL MATTINO . - edizione regionale
mercoledi 3 novembre 2010
di Rosaria Capacchione
Al di là del Matese, lontano dagli occhi
e dalle rotte battute dai trafficanti di
veleni da vent’anni a questa parte. Si
sono trasferiti là, in Molise, gli
ecomafiosi collegati al clan dei
Casalesi, gli uomini che hanno gestito
il trasporto dei rifiuti tossici fino
alle discariche, ormai sequestrate e
inagibili, di Giugliano, Licola, Parete.
Operano soprattutto in provincia di
Isernia, non disdegnano quella di
Campobasso dove corteggiano due impianti
autorizzati dalla Regione: la discarica
di Montagano e il depuratore Cosib di
Termoli.
Il monitoraggio avviato dalle
associazioni ambientaliste molisane e
dalle Procure di Santa Maria Capua
Vetere, Larino e Isernia segnala il
rischio di infiltrazioni camorristiche e
la presenza di imprenditori del settore.
Come i fratelli Caturano di Maddaloni e
Toni Gattola, cognato del capozona
casalese di Cancello Arnone e
controllore della discarica Magest di
Licola, già coinvolti in varie inchieste
- da Re Mida a Madre Terra - sullo
smaltimento illegale dei rifiuti.
L’indagine conoscitiva conferma, dunque,
quanto già segnalato nel 2008 dalla Dda
di Campobasso, e cioè che «il
Molise è diventato il punto finale di
arrivo per lo smaltimento dei rifiuti
pericolosi, dove è facile occultare
discariche abusive con la compiacenza di
alcuni proprietari corrotti» .
Sul tavolo dei magistrati di Larino è
finito, nei giorni scorsi, il
dossier-denuncia frutto di un’inchiesta
pubblicata sul sito Primonumero.it
sull’attività del depuratore e sul via
vai di automezzi sospetti. «Dal
lunedì al venerdì - è scritto -
c’è un
traffico di camion gialli con la scritta
in rosso ”Autotrasporti Caturano”, per
trasporto rifiuti, nel tratto
Caianello-Venafro-Isernia-Bojano sino ad
entrare nella zona di Campobasso: ma da
lì se ne perdono le tracce».
Antonio Caturano, viene ricordato, fu
arrestato alcuni anni fa per ordine
della Procura di Napoli (il pm Cristina
Ribera, oggi alla Dda) nei pressi del
cementificio Colacem di Venafro. Stava
trasportando rifiuti tossici spacciati
per fertilizzanti e destinati alla
concimazione dei terreni agricoli,
stesso sistema utilizzato in provincia
di Caserta, dove sono state avvelenate
decine di ettari di terreno, e
documentato nelle due inchieste «Madre
Terra».
A far scattare l’allarme, lo smaltimento
a Termoli del percolato prodotto dal
consorzio unico di Napoli-Caserta; dalla
discarica Colleferro, alle porte di
Roma; dalla Ecoambiente di Casoria. Ma
non basta. La Procura di Campobasso si
starebbe interessando della discarica di
Montagano nella quale, dall’agosto
scorso, la Giuliani Environment è
autorizzata a costruire e gestire un
impianto per lo stoccaggio di rifiuti
pericolosi.
Denunciano le associazioni
ambientaliste: ogni anno arrivano nella
discarica di Montagano circa 50.000
tonnellate di rifiuti, non solo da
Molise, e camion senza alcuna
autorizzazione prefettizia di cui non si
conosce né il carico né la provenienza.
Aggiunge il consigliere regionale del Pd
Michele Petraroia: «Si è accertato che
ci sono circa 36.000 tonnellate di
rifiuti, un quarto del totale dei
rifiuti conferiti nelle discariche
molisane, provengono da altre regioni,
contrariamente a quanto dispone la
normativa nazionale».
E Isernia? La situazione è tutt’altro
che sotto controllo. Sono una ventina le
discariche abusive segnalate e
sequestrate negli ultimi due anni. E non
è ancora dimenticata la vicenda di
Fragnete e di Colle Santa Maria,
sversatoi nei quali è finito di tutto
(dai rifiuti urbani a quelli chimici) e
mai bonificati.