Chi era Pietro

 

 In memoria di Pietro Iacovelli – Testimonianza di Antonio Maiorano

         La sua ricchissima vicenda umana non può essere catturata e confinata in vocaboli d’inchiostro su un foglio bianco. Pietro era un uomo integrale, di grande intelligenza emotiva e sociale a cui univa il talento innato del viaggiatore e dell’esploratore. La sua energia vitale era contagiosa e salutare, ma soprattutto coraggiosa, generosa e generativa. Raccontava fiero e tenero di suo nonno Luccio che a Jelsi, negli anni del vaiolo, aveva scritto la straordinaria storia d’amore con Marianna, malata dell’infettivo e terribile morbo, nutrita violando quotidianamente “la prigione sanitaria” del ricovero.

Pietro, homo viator e carrettiere, pellegrino e viaggiatore. Aveva raccolto la fede semplice e primigenia della mamma e nei “Santi viaggi” con i pullman con il papà e la famiglia egli stesso proponeva un breve formulario di preghiere che aprivano e chiudevano il pellegrinaggio.

In questo spirito intraprese, con Padre Giovanni, Peppe, Nicola, Salvatore, me e altri amici, i viaggi di soccorso e carità durante la guerra nell’ex Iugoslavia. Dopo la lunga e accogliente parentesi di Jelsi i ragazzi bosniaci del seminario e liceo di Visoko fuggiti dalla guerra rientrarono riparando a Baska Voda sulla costa slava.

            La famiglia Iacovelli guidata dai fratelli Pietro e Pasquale su richiesta della Caritas Francescana Bosniaca e del Parroco Padre Liberato decide di utilizzare gratuitamente il loro “carretto” un autotreno da 500 quintali di carico per oltre tre anni. L’assicurazione non copriva l’uso del mezzo in zone di guerra, ciononostante la famiglia Iacovelli ne assunse il rischio. Etica e responsabilità vissute e praticate. Pèrchè l'uomo non può vivere senza morale. Questo abbiamo imparato con Pietro nell'esperienza più quotidiana e apparentemente meno memorabile, con chi ha vissuto con gli altri in condizioni «impossibili», riuscendo a salvaguardare - e spesso a glorificare - la propria umanità.

            Tra le montagne della Croazia in un brutta notte un gruppo paramilitare sequestrò un nostro pulmino con i viveri della Caritas guidato da due volontarie, noi seguivamo con  l’auto dei francescani. Pietro scese in strada ed intonò “O sole mio” pronunciando in croato l’unica parola impronunciabile “srz” (cuore) che conosceva. Ci restituirono pulmino e ragazze. I francescani bosniaci e noi con loro rimanemmo interdetti sul “bliz” che aveva sventato il sequestro.

            La notte dell’Immacolata Concezione stavamo raggiungendo con un carico Spalato. Una violenta tempesta scuoteva la nave nell’Adriatico. Viaggiavano con noi pellegrini per Medjugorje e, tra loro, Gigi un giovane in carrozzella che aveva arti superiori e inferiori atrofizzati. Pietro l’ho prese in braccio e dopo averlo tranquillizzato lo tenne durante tutta la burrasca.

Aspettammo il giorno dopo i marciatori della pace con Don Tonino Bello e don Albino Bizzotto..

            Dopo aver accompagnato in pullman le “mamme” italiane dei ragazzi bosniaci adottati a distanza, nel viaggio successivo portammo con noi una giovane interprete  che terminato il suo lavoro raggiunse la famiglia a Zenica, al rientro durante l’imbarco venne arrestata dalla polizia portuale per il suo accento “nemico” e non bastarono le proteste dei francescani, nostre, il diritto e le leggi internazionali a liberarla, bastò invece l’intuito di Pietro che contattò la compagna del responsabile militare della polizia portuale e persuase entrambi dell’errore e dell’innocenza della ragazza che poté tornare salva in Italia.

         Nelle campagne dell’ Erzegovina incontrammo una famiglia numerosa che viveva povera in un angusto rifugio. Pietro suggerì di donare loro una mucca. Con poche decine di marchi si riuscì a farcela. Erano felici tutti anche la vecchia nonna che portava tatuati sulle braccia simboli cristiani. I tatuaggi erano il segno di una fede invincibile. Nel periodo della dominazione ottomana questi segni identitari impressi impedivano che le donne andassero, contro la loro volontà, spose  agli occupanti turchi. Pietro aveva un “tatuaggio” nell’animo invisibile agli occhi.

            A Gornj Vakuf  dove si erano recati, perdendo la vita, gli sfortunati amici di viaggio Fabio Moreni, Guido Puletti e Sergio Lana. Pietro tentò di salvare la Biblioteca Narodna. Comprò libri in croato per i ragazzi. Aiutò tanti volontari per la pace sottraendoli alla imperizia e alla inesperienza. Cambiò rotta ai suoi carichi quando percepì inquinamenti malsani e violenti. Adottò con un amico due bambini cicciotelli come noi.

Incontrammo una volte mamme, nonne e bambini nascosti nelle grotte. Questa fù l’unica volta che  la tristezza gli attraversò il volto, il nò alle mamme che volevano affidare e salvare in Italia i loro bimbi. Nel suo colorito “slang”  diceva che sotto (nei sotterranei della Storia) le donne proteggevano la vita e “sopra” la vita veniva distrutta, offesa e oltraggiata in mille modi.

Con il sostegno degli  amici di Jelsi, della Parrocchia, dei parroci e frati, e di tanta gente procurammo un autobotte (motrice e rimorchio) per l’ospedale di Nova Bila. Per evitare che il mezzo venisse usato per fini bellici, vennero tolti paratie e compressore di carico.

            L’incontro di Pietro con Vicka (la veggente di Medjugorje) anche lei operatrice Caritas durante la guerra, fu tenero e struggente a lei Pietro chiedeva come fosse la Madonna, del suo abito, dei suoi occhi… Vicka pazientemente rispondeva e sorrideva.

            Innumerevoli sono gli episodi che potremmo raccontare legati tutti dal filo d’oro di una vita che ha saputo unire i grandi avvenimenti con la storia di tutti i giorni fatta di intelligenza e generosità, coraggio e determinazione, ottimismo e realismo, forza e tenerezza. Parlando quel mix linguistico europeo, l’esperanto della strada, Pietro ha attraversato piccole e grandi vie d’Europa segnando un sentiero originale, unico, praticato, in cui solo il Bene ha profondità, e può essere radicale e che il male può essere sconfitto anche da un sorriso… sui monti della Bosnia. “Vedi! Vedi! basta solo un sorriso a rincuorarli… vedi! non fanno più il muso triste”.

Quando la notte della guerra abitò una parte dell’Europa, Pietro armato della sua coscienza spezzò l’oscurità con un piccolo raggio di pace, insieme a tanti uomini di buona volontà.

Pietro, hai reso onore con la grandezza dei gesti quotidiani alla tua famiglia, al tuo paese. Avevi in te il germe di una grande umanità e dignità di uomo. Dell’uomo che sceglie, accoglie e moltiplica il bene e lotta per respingere e cancellare il male.

Grazie Pietro, Ciao!, Buon Viaggio e …guidaci ancora.

Antonio Maiorano