Jelsi, 28 giugno 2007

 

Dispiaciuta di non poter partecipare all'incontro di questa sera a causa di impegni di lavoro fissati da lungo tempo, accolgo con piacere l'invito della curatrice della raccolta dei canti jelsesi, Giampiera Di Vico, ad una partecipazione a distanza con l'invio di un saluto e dell'augurio di buon lavoro.

 

Ritengo che l'incontro di stasera rappresenti un momento importante per la comunità jelsese, per differenti ordini di ragioni.

È in primo luogo, naturalmente, il riconoscimento del merito del lavoro così entusiasticamente svolto da Giampiera e dai suoi collaboratori. Ma è anche, a mio avviso, il momento di riconoscimento della bontà delle modalità e delle finalità di questa raccolta, svolta all'interno della comunità, con l'entusiasmo e la vicinanza di chi è del luogo o in confidenza con esso, senza però dimenticare le proprie professionalità e competenze.

La raccolta ha il pregio di essere uno dei tasselli della memoria comunitaria, anzi, per meglio dire, della identità comunitaria. La parola "memoria" può forse per qualcuno implicare uno sguardo rivolto solo al passato e ad una prospettiva museale, immobile, statica. I canti raccolti, trascritti e cantati per questo volume sono invece un patrimonio vivo, non solo perché sono ancora conosciuti e cantati da quelli che di questa comunità fanno parte, ma anche perché in essi e nella raccolta che di essi è stata fatta non prevale l'atteggiamento rigidamente purista (e, parlo, per quel che mi compete, del piano linguistico), ma una visione dinamica, nella quale fa capolino la pluralità (più o meno percepita, più o meno consapevole), della comunità stessa, nei diversi momenti della sua storia. Questa pluralità (che è sempre l'unica realtà possibile), si traduce, ad esempio, sul piano linguistico, nel differenziato confine che i diversi autori riconoscono tra il dialetto e l'italiano, segno di una diversa esperienza della realtà sociolinguistica, così fortemente in evoluzione negli ultimi decenni, non solo a Jelsi o nel Molise, ma nell'intera nazione; così come affiora, la pluralità, anche in alcune scelte di forme di parola, figlie delle diverse esperienze di vita (e dunque anche delle esperienze linguistiche) dei diversi autori.

L'identità, tuttavia, ha anche bisogno della memoria, e se è un bene non cercare di fermare le cose, è anche un bene non perderle, almeno nel ricordo. Proprio per questo una terza ragione di merito della raccolta, a mio avviso, è la volontà documentaria di questo volume: proprio perché la realtà e la società sono in movimento, e proprio perché sono vive grazie a questo moto perpetuo, la documentazione può essere uno strumento necessario per andare avanti senza dimenticare.

In questo caso la scelta di una documentazione realmente e letteralmente multimediale (c'è il sonoro, ma c'è anche lo scritto, sia del testo, sia della musica; e ci sono anche le attente traduzioni in diverse lingue realizzate da Vincenzo Bifolchi) è stata quanto mai felice e ha dato modo di utilizzare le professionalità e le abilità di tutti i partecipanti al volume, offrendo un lavoro finale ricco e fruibile in diversi modi e a diversi livelli (c’è l’ascolto, la lettura, l’analisi dei testi).

 

Mi preme concludere l'elenco delle ragioni di merito al lavoro curato da Giampiera indicando quella principale che mi ha mosso a collaborare (anche se solo per una piccola parte) al volume: il lavorare con entusiasmo e in amicizia, insieme. La serenità della collaborazione non ha mai inficiato il rigore del lavoro, che ha seguito le strade di un confronto sempre puntuale, ma sempre sereno e rispettoso, nella reciprocità. Ripensando al lavoro di revisione delle trascrizioni, non posso non ricordare il fitto rimbalzare tra me e Vincenzo delle segnalazioni con le quali con precisione annotavamo il mancato accordo su alcuni punti nei testi, e il confronto paziente con gli amici di Jelsi (tra questi Antonio, Augusto, Giuseppina) che da parlanti dialettofoni segnalavano la loro versione o mi fornivano indicazioni utili (e per questo li ringrazio). È stato un lavoro faticoso, certo, ma divertente e interessante, che ha spesso permesso riflessioni sul dialetto e sul suo uso e che qualche volta ha evidenziato anche le possibili duplici interpretazioni di alcuni versi che mai sarebbero venute fuori senza quelle discussioni.

 

Per questa esperienza di confronto e di incontro ringrazio la curatrice del volume, Giampiera Di Vico, ringrazio gli autori dei testi con i quali è stato possibile dialogare, Luigi Padulo e Antonio Maiorano,  e ringrazio Vincenzo Bifolchi, che con collaborazione puntuale e rigorosa ha permesso ai miei occhi di vedere meglio, e ha portato nel suo lavoro e nella sua collaborazione, insieme all'attenzione e al rigore del revisore e del traduttore,  l'emozione e l’affetto filiale. Ringrazio infine, i cantanti e i musicisti, che ho ascoltato per ore, nel tentativo di non perdere nulla e di essere il più possibile fedele alle loro voci nelle trascrizioni.

.

Con il saluto più caro al sindaco, agli amici di S. Amanzio e a tutti voi, vi invio l’augurio di una felice serata e di  buona festa. A  presto a Jelsi,

 

Antonietta Marra